Venafro e i suoi olivi
Mostra Paesaggio rurale storico degli Olivi di Venafro in Palazzo liberty
Il Palazzo liberty è la prima forma di utilizzo commerciale e produttiva delle acque del fiume San Bartolomeo. Eretto su un antico mulino. Il suo nome originario è, infatti, “Mulino della Corte”. Questa denominazione si pensa derivi dal possesso del sito dei “signori” che governavano Venafro. Una testimonianza risalente al 1481, riguarda un rogito stipulato a Venafro, con il quale Nicola Montaquila donava al conte Scipione Pandone, la quarta parte del mulino "Della Corte". Dopo questo passaggio furono effettuati dei lavori che interessarono anche la vasca di carico; la conformazione attuale è dovuta appunto a questa ristrutturazione. Questi lavori sono testimoniati dal portale cinquecentesco rinvenuto al piano terra che riporta lo stemma della famiglia Pandone.
Successivamente, e in epoca molto più recente, agli inizi del 1900, il Mulino fu trasformato in centrale elettrica per poi diventare, nel dopoguerra, un cinema. Nel 2018 il palazzo fu completamente ristrutturato e trasformato in un centro polifunzionale.
Nel piano inferiore è ospitata la mostra dedicata al Paesaggio rurale storico del Parco Regionale dell’Olivo di Venafro che ospita diorami e oggetti legati agli usi tradizionali del territorio. Nello stesso piano si ammira il portale cinquecentesco dei Pandone che apre il varco alla mostra comunale sulla centrale elettrica dei primi decenni del novecento.
La mostra è nata a seguito dell’inclusione del Parco nel Registro Nazionale dei Paesaggi rurali storici (D.M. n. 6149 del 20.02.2018) da parte del Ministro delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali. Sono presenti buona parte degli oggetti utili alla raccolta delle olive e alla manutenzione del territorio terrazzato, nonché alla transumanza:
Dal Castello e il Museo Winterline verso i sentieri del Parco
Da Piazza Antonio De Curtis inizia un interessante percorso che lega il Centro storico al Parco dell’Olivo (www.parcodellolivodivenafro.eu).
Il Castello ne rappresenta la prima tappa obbligata. Di qui si raggiunge via De Utris, con l’omonimo Palazzo che ospita il Muso Winterline (www.winterlinevenafro.it) una raccolta unica di reperti della II guerra mondiale con diorami di notevole effetto. Si arriva, quindi, a Piazza dell’Annunziata, la più bella chiesa barocca del Molise. In loco è possibile seguire ulteriori informazioni per raggiungere l’ingresso del Parco, attraverso Vicolo Diano e la strettissima via de “La Portella”.
Il Castello (http://www.castellopandone.beniculturali.it/(https://www.musei.molise.beniculturali.it/musei?mid=214&nome=museo-nazionale-di-castello-pandone) origina da una fortificazione megalitica trasformata nel X secolo in un mastio longobardo. Ampliato nel XIV secolo con l’aggiunta di torri circolari, venne completamente trasformato nel XIV secolo dai Pandone. Il Conte Enrico lo rese una residenza rinascimentale e lo fece affrescare con le famose immagini dei suoi poderosi cavalli. Oggi è sede anche di una pinacoteca nazionale.
Piazza dell’Annunziata
Da questa Piazza, e più precisamente da Vicolo Diano che si continua nellal strettissima via della Portella, attraverso elementi architettonici longobardi, si raggiunge via Silvano e quindi, scendendo, uno degli ingressi del Parco.
L’Annunziata di Venafro è uno degli edifici di culto più belli del Molise, fondato nel 1386 dalla Confraternita dell’Annunziata. La configurazione attuale, frutto dell’ampliamento seicentesco e della radicale trasformazione del XVII secolo, rappresenta una perfetta fusione tra principi spaziali e giochi di luce.
Le pitture settecentesche di Paulo Sperduti e di Giacinto Diano, altari lavorati a Napoli dai migliori marmorari partenopei, gli stucchi dei milanesi Carlo Giuseppe Tersini e Giandomenico de Lorenzi, il grande organo barocco, le acquasantiere e la splendida cupola rinascimentale vanvitelliana danno lustro all’edificio di culto.
Oliveti de La Passione vivente di Venafro
Tra la Cattedralee gli oliveti storici limitrofi, si apre alla vista uno scenario paesaggistico di grande rilievo, determinato dalla conca degli olivi del Campaglione. Dal 1968 viene organizzata qui la Passione vivente di Venafro. Quadri scenici di grande effetto si susseguono nell’oscurità. La voce narrante dell’attore Umberto Taccola, la stessa che accompagnò le prime edizioni negli anni ’60, ed una coinvolgente colonna sonora accompagnano lo spettatore nelle scene ideate tra gli olivi e la vicina Cattedrale che si susseguono attraverso giochi di luce utilizzando moderne tecnologie.
Giardino degli Olivi Patriarchi d’Italia
Il Giardino degli Olivi patriarchi d’Italia, raccoglie venti essenze, gemelle degli olivi più vetusti d’Italia, una per Regione. Una vera banca del genoma dell’antica olivicoltura italiana. Sono presenti in loco, in uno spazio opportunamente segnalato da tabelle didattiche e protetto da una staccionata, gemelli dal punto di vista genetico di olivi millenari italiani molto famosi, tra cui l’Olivo di Sant’Emiliano di Trevi, l’Olivo millenario sardo “Sa Reina” e l’Olivo della Strega di Magliano in Toscana.
Il Punto è anche paesaggistico in quanto si domina il profilo di Santa Croce, con il suo sistema difensivo di epoca sannita con tre aree fortificate inglobate l’una nell’altra, che si continua con lo skyline del Centro storico di Venafro connotato dal Castello e i campanili delle Chiese dell’Annunziata e di Cristo.
Mura Ciclopiche e Villa di Catone il Censore
Siete nei pressi delle Mura ciclopiche della Madonna della Libera, una serie di terrazzamenti in opera poligonale con resti probabilmente pertinenti ad una villa della fine del II sec. a.C., con una cisterna in opera cementizia posta a monte lungo la strada.
Le ipotesi avanzate dai vari studiosi che si sono avvicendati nel tempo hanno sostenuto, in maniera alterna, che le emergenze erano riconducibili o ad una villa romana o a un santuario pagano extraurbano. La maggior parte dagli studiosi ritiene, tuttavia, che le strutture facciano parte di una basis villae di una villa rustica di epoca repubblicana. Villa che è espressione di quel panorama agricolo delineato nel De agricultura di Catone, e cioè una villa a limitata manodopera schiavistica, basata su colture specializzate e selezionate, quali oliveti e vigneti, destinate alla vendita sul grande mercato di Roma e nei centri minori.
Interessante è risultata l’ipotesi che le strutture del terrazzamento potessero essere in qualche maniera riconducibili proprio a quella villa rustica di Venafrum di cui parla Marco Porcio Catone nel suo De agricoltura, di cui era proprietario. Catone dettò a Venafro, in questi oliveti, le prime leggi commerciali sulla vendita delle olive… e si può affermare che proprio qui sia iniziata la moderna commercializzazione dell’olio di oliva.
Dai terrazzamenti poligonali la vista spazia da Santa Croce con i resti delle mura di Agluzio Gallo, della cinta repubblicana di Venafro al Centro storico di Venafro fino ai boschi igrofili de Le Mortine, sul Volturno e a Monte Miletto del Matese.
Il sistema dei terrazzamenti è abbastanza complesso, puoi circumnavigare i terrazzamenti ciclopici e risalire verso il punto di uscita del sentiero. Qui fa sfoggio di sé un imponente olivastro pluricentenario, di fronte un’area picnic a monte dei resti di una cisterna romana.
Torricella e Mulattiere
Dal Centro storico si diparte il percorso dell’antica Mulattiera Comunale, variante per raggiungere Conca Casale rispetto alle mulattiere che si dipartono dalla Cattedrale.
La mulattiera, nel primo tratto, costeggia resti di mura romane, anche poligonali (poste proprio all’ingresso) erisale gli antichi terrazzamenti tra ulivi centenari. Lo scenario è dominato da Monte Santa Croce, con i suoi boschi primevi e gli affioramenti di roccia calcarea, frequentati da diverse specie di rapaci. Sovrastante il percorso è la "Torricella", avamposto di guardia a picco su un imponente dente di roccia. Il percorso si riconnette all’altra mulattiera che dalla cattedrale raggiunge Conca Casale.
A quota 437 slm, da almeno un millennio, la Torricella si erge su uno sperone di roccia sovrastante Venafro, costituendo un elemento caratterizzante del paesaggio.
Faceva parte di un complesso sistema di avvistamento e di controllo della pianura del Volturno. Tracce consistenti di murature antiche, probabilmente del I secolo avanti Cristo, dimostrano che la cinta muraria romana arrivava fino a quel punto per girare attorno allo spuntone roccioso, per raggiungere un altro punto (dove passa l’acquedotto moderno sopra Montevergine) che il Cotugno nel XIX secolo chiamava la “Torricella scarrupata”.
Probabilmente solo in epoca longobarda, intorno al mille, la Torricella acquisì una forma organica adatta anche ad ospitare per lungo tempo gli uomini destinati alla sua utilizzazione, quale avamposto e vedetta sulla Valle del Volturno.
Le mulattiere da Venafro a Conca Casale
Da Conca Casale partivano famiglie intere utilizzando muli e asini, per commerci e soprattutto per la raccolta delle olive. La raccolta era praticata a mano, utilizzando scale alte sei metri e aiutandosi con rami a uncino nella parte terminale per abbassare i rami. Durante le giornate invernali più difficili, in cui le famiglie non riuscivano a risalire in paese, i contadini si fermavano a dormire nei campi, nelle cosiddette “Masserie” (casotti in pietra), ancora presenti. Figure tipiche della cultura contadina venafrana erano invece le “Vachiatrici”, donne che raccoglievano le olive rimaste a terra, vicino la pianta, dopo la raccolta. Si tratta di figure legate alla povertà contadina di quei tempi. I proprietari con molte piante di olivo, non riuscendo ad adempiere da soli a tutta la raccolta, si rivolgevano a figure come i “sanzani” i quali si occupavano della trattiva tra i proprietari e gli operai-raccoglitori. Essi stimavano le olive e stabilivano le porzioni. Al proprietario andavano i ¾ del raccolto mentre ai raccoglitori il restante ¼ . Per stabilire la quantità di olive raccolte ci si basava sui “tomoli” e sui “mezzetti” (antiche unità di misura; la prima misurava la superficie agraria, la seconda misurava sia il terreno che le derrate alimentari). Questo metodo di misurazione è stato usato fino alla metà degli anni ’70 del ‘900. Anche da Venafro si raggiungeva Conca Casale; il medico condotto dell’epoca, Giovanni Di Matteo, negli anni ‘30 e ‘40 del secolo scorso veniva prelevato da Venafro e in groppa al mulo raggiungeva il paesino per le necessità sanitarie.
Terrazzamenti de Le Noci
Il Punto è situato all’ingresso di un’area terrazzata. Dalla frazione Le Noci si diparte un sentiero che nei primi duecento metri conserva terrazzamenti perfettamente conservati, interrotti da almeno due grandi slarghi delimitati da muri a secco che facilitavano lo spostamento delle mandrie. A quest’area, ancora ricca di antichi muri a secco e caratterizzata da un paesaggio roccioso aspro, è legato l’antico rito della transumanza, praticato dai pastori che, con le greggi di ovini, raggiungevano, nel periodo estivo, le Mainarde ed in particolare “Valle Venafrana” e Monte Cavallo.Un viaggio lungo e faticoso di almeno due giorni di cammino. Molte delle tradizioni culinarie di Ceppagna, come “L spzzat” nascono proprio da questa antica tradizione.
Ville rustiche e cisterne
Il territorio di Venafro è caratterizzato dalla presenza di ville rustiche adibite allo sfruttamento agricolo, per la produzione del grano, di vino e soprattutto dell’olio.
Il Parco comprende numerosi siti di interesse archeologico, molti dei quali costituiti da ambienti voltati, in muratura, per lo più interrati, riconducibili a strutture di età romana, quali cisterne con funzione di raccolta delle acque piovane, criptoportici o ambienti funzionali all’agricoltura.
Questi rinvenimenti permettono di riconoscere un sistema di fattorie e ville rustiche di medie e grandi dimensioni, attestato per lo più nella fascia pedemontana, funzionali all’attività produttiva legata ai vasti oliveti. Nel II secolo a.C. Marco Porcio Catone, detto il Censore, possedeva una villa rustica con oliveti ed un trapetum a Venafro.
Il sistema viario di accesso alle ville doveva avere come direttrice principale l’importante asse stradale rappresentato dalla diramazione della Via Latina, che da Ad Flexum risaliva il Passo dell’Annunziata Lunga (a quota 440 m.) per poi ridiscendere a Venafrum e inoltrarsi nel Sannio.